Si chiama Andrea, è di Cesena ed è iscritto come triatleta al Cesena Triathlon, importante squadra del cesenate.
Andrea nel 2019 si era iscritto all’Ironman Cervia, ma aveva dovuto rimandare per motivi personali.
Nel 2020 sappiamo tutti com’è andata.
Restava da fare la gara nel 2021…
“La mia idea, fino a 15 giorni prima, era quella di andare a ritirare il pacco gara e poi andare a fare il tifo per i miei compagni di squadra”.
In effetti, Andrea non si era preparato granchè: potremmo dire quasi per niente a dire il vero. Da inizio estate aveva fatto 3 uscite in bici: due in gravel, fatte con molta calma, a mo’ di turista in giro per la Romagna, e la terza… beh, la terza è stata giusto per provare la bici aero presa in prestito da un amico una settimana prima della gara!
Eh sì, perchè dentro questo triatleta, man mano che si avvicinava il tempo della gara, si andava formando un’idea: un puntino luminoso in mezzo ad un periodo nero di poco sport e tanto lavoro. Il puntino cresceva e cresceva, e due settimane prima dell’evento l’idea iniziale si era trasformata: “Avevo deciso di ritirare il pacco gara, farmi una nuotata, inforcare la bici e andare a Bertinoro a bermi un caffè.
Poi, se me la fossi sentita, sarei tornato a Cervia a guardare e a fare il tifo per i miei compagni di squadra”. Alla peggio da Bertinoro sarebbe tornato a casa. Una scampagnata, insomma. Mai avrebbe pensato di arrivare fino alla fine! Nel giorno fatidico, alle 5.30 è già pronto in griglia: senza la tensione della gara, senza l’ansia di non riuscire a finire. Una persona tranquilla in mezzo a 2600 atleti pieni di adrenalina.
La prima brutta notizia arriva proprio in quel momento: quando un caro amico che dovrebbe partire con lui e che si è allenato duramente tutta l’estate, chiama per dire che è stato male durante la notte e non potrà partecipare. “A quel punto ho pensato che non era giusto: lui, che si era allenato tanto, avrebbe dovuto essere lì, non io, che non avevo nemmeno un’adeguata preparazione! Era un privilegio essere lì, e mi è balenato in testa un pensiero: perchè non provare a prendere la medaglia per lui?” Pensiero che, come un flash, è arrivato e poi è sparito. Almeno per un po’. La prima prova da affrontare è quella del nuoto: niente di spaventoso. Ha fatto qualche allenamento nelle due settimane precedenti la gara, e si sente così fiducioso da provare a spingere un po’: in un’ora e 15 minuti esce dall’acqua e si dirige alla zona cambio. L’intenzione è sempre quella di fare un solo giro, quel barlume di arrivare in fondo non è ancora riemerso. Abituato con i rapporti da gravel, scalare Bertinoro non è facile. Ma in un attimo arriva la discesa e riprendere fiato aiuta a proseguire verso Forlimpopoli, dove lo attende la prima sorpresa della giornata: un gruppo di ragazzi si è messo sulla strada a fare il tifo, mentre griglia salsiccia e cipolla da offrire a chiunque ne chieda.
“Io mi sono fermato, e loro che mi facevano festa e mi offrivano quelle prelibatezze. La fame c’era, così ho accettato: un bel panino salsiccia e cipolla e una birra. Dietro di me è arrivato anche uno spagnolo e ci siamo messi a fare dei selfie con quei ragazzi simpaticissimi! Finchè non abbiamo sentito il fischio del giudice di gara”. E’ vietato prendere aiuti esterni: gli atleti durante l’Ironman possono mangiare quello che si sono portati da casa oppure quello che viene distribuito nei punti di ristoro. Diciamo che con un po’ di fortuna e qualche frase di scuse, Andrea se la cava con 5 minuti di penalità da scontare al successivo penalty box. Qui decide di approfittare per riposare un po’: scende dalla bici e si mette seduto vicino ad una aiuola. “Non l’avessi mai fatto! La giudice ha iniziato a dire che
dovevo restare a cavallo della bici e bla bla bla”. Passati i cinque minuti, la E45 va liscia come l’olio: con una velocità di crociera di 26-27 km/h, Andrea si guarda attorno e si sente bene. Talmente bene che al bivio decide di fare anche il secondo giro.
Quando inizia a piovere non gli da fastidio: la giornata è calda e poi “quando sei in bici o stai correndo, se anche piove non cambia niente”. La seconda scalata di Bertinoro va peggio: le gambe non vogliono seguirlo. All’ultimo strappo non ce la fa più, così, in tutta tranquillità, decide di scendere e fare gli utlimi duecento metri a piedi. Calato di nuovo, sulla E45 smette di piovere e riesce ad asciugarsi.
Alle Saline di Cervia, un inaspettato vento a favore (chi frequenta quelle zone sa che è sempre contrario, sia all’andata che al ritorno) gli permette di fare una pedalata agile con cui riposare le gambe per prepararsi meglio alla maratona. In 7 ore e 15 termina la sessione bike. “Secondo il regolamento dell’Ironman, la maratona si può percorrere correndo, camminando o gattonando: scartando la prima e l’ultima opzione, avevo deciso di camminarla”. A questo punto, non volendo lasciare niente al caso -che già è stato magnanimo- Andrea accende il suo Garmin e inizia a ragionare: le prime due prove sono state superate in 8 ore e mezzo. Ha altre 7 ore e mezzo per percorrere quei 42km che lo separano dalla fine.
Dandosi un mini traguardo alla volta, può adottare una velocità di 10min/km, percorrendo il primo giro di andata e ritorno in un’ora e venti minuti, che moltiplicato per 4 giri dà appunto 7 ore circa. Le gambe non sono stanche e la marcia inizia bene. Se non fosse per i calzini: scelti a caso e in fretta la sera prima, si tratta di calzini da bici, con uno spessore rialzato sotto l’arco plantare. Lo spessore dopo poco tempo si stacca e si posiziona proprio nello spazio sotto le dita.
Da qui parte il calvario di Andrea: in poco tempo si formano numerose vesciche che rallentano la sua camminata. Il dolore è forte e in aumento man mano che i chilometri si accumulano: il darsi un obbiettivo per volta lo aiuta a concentrarsi di più sulla marcia e meno sul dolore.
A metà del primo giro chiede alla moglie di procurargli una piadina con prosciutto, rucola e squacquerone: tanto sta camminando, non correndo, e ha tutto il tempo per digerire. “E poi non mi è mai piaciuto mangiare le barrette: preferisco una bella piadina o un panino. Magari sono fortunato, ma riesco a digerire bene anche in gara”. “Avresti dovuto vedermi con la mia piadina in una mano e la birra nell’altra, mentre continuavo con la marcia: ero veramente in pace e mi sentivo bene (a parte il dolore ai piedi)” Al terzo giro si affianca ad un ragazzo: lui è al suo ultimo. Iniziano a chiacchierare di tutto: sembrano due amici di vecchia data.
I progetti, le speranze, le loro vite. Uno scambio intenso che fa volare altri 10 km. “A volte ci fermavamo un attimo per riposare. E io, per evitare di premere in continuazione sulle vesciche, camminavo all’indietro!” All’inizio del quarto giro è di nuovo solo “e ad un certo punto mi si sono rotte le acque, come mi piace dire”.
Una volta che sono scoppiate le vesciche non resta che provare a correre, anche perchè ha già perso parecchio tempo, e con quell’andatura non riuscirebbe più a tagliare il traguardo entro le 16 ore. Mancano 5 km: corre, anche se molto piano, e intanto calcola che può puntare ad arrivare ultimo.
Ha ancora una decina di persone dietro di sè, ma molte di loro non rientreranno quasi sicuramente nel tempo limite. “Quando finalmente sono arrivato, mancavano 8 minuti allo scadere del tempo ed ero convito di aver vinto la cosiddetta maglia nera. Ma mi ha fregato uno che è arrivato a 30 secondi dalla fine!” L’arrivo è magico: è mezzanotte passata, ma c’è ancora un sacco di gente, tutti che fanno il tifo e incitano gli ultimi atleti.
Quando gli consegnano la medaglia, non dimentica di dedicarla a quel suo amico: “però poi me la sono tenuta io!” “Ho fatto proprio un’impresa” dice Andrea, ed è la verità.
Qualcuno si chiederà come è stato il recupero: “Alla fine non avevo fatto tanta fatica: avevo preso tutto con calma, quindi le gambe non erano eccessivamente stanche. Le vesciche invece, quelle sono guarite dopo una settimana. Il giorno dopo sono andato a fare il tifo per gli amici che partecipavano alle altre competizioni.”
Andrea di Cesena, triatleta, è -possiamo dirlo con certezza- un ironman per caso!